Stabilito il nobile obiettivo di voler ridurre gli incidenti sul lavoro il Legislatore ha posto le seguenti soluzioni
– Il Servizio di Prevenzione e Protezione da inserire in ogni Azienda,
– gli addetti al Primo Intervento, all’Antincendio ed Emergenza,
– la figura del Medico Competente,
– il Rappresentante dei Lavoratori per la sicurezza.
La normativa ( Dlgv 195 del 2003 ) nel tracciare la figura del Responsabile del Servizio di Prevenzione richiedeva i seguenti requisiti:
“Le capacità ed i requisiti professionali dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative”. Anche se la descrizione era particolarmente generica lasciava intuire attenzione verso la gestione dell’Azienda. Poi però precisava: “ Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui al comma 1, è necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore ( cioè: Liceo Classico, Scientifico, Ragioneria, Magistrali, Geometri, ITIS, ….. ) ed essere inoltre in possesso di un attestato di frequenza, con verifica dell’apprendimento, a specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative” (Corsi che variano da 60 ore per il settore commercio a 120 ore per l’edilizia ).
Nei fatti: i datore di lavoro ha affidato la Sicurezza ad estranei che non potevano svolgere vere funzioni di controllo sia perché non frequentavano assiduamente l’azienda, sia perché non avevano le conoscenze necessarie a intervenire presso i lavoratori per insegnare loro come svolgere la mansione.
Questa impostazione ha messo la Sicurezza all’esterno della organizzazione del lavoro e non ha prodotto gli effetti desiderati perché è rimasta corpo estraneo al lavoro dell’azienda.
Ma c’è anche altro da osservare sul funzionamento della struttura della Prevenzione.
Il Medico del lavoro:
l’art. 29, comma 1, del T.U. 81/2008 vuole che il Medico partecipi attivamente alla valutazione dei rischi assieme al datore di lavoro. L’art. 25 chiede al Medico di informare i lavoratori sugli esiti della Valutazione dei Rischi.
Non si ha notizia di quanti medici abbiano effettuato il sopralluogo in azienda ed abbiano partecipato attivamente a questo importante adempimento. E quanti Medici abbiano preso in mano il Documento di Valutazione dei Rischi dell’Azienda che li paga ed abbiano sentito il dovere di informare i lavoratori sui rischi specifici di quel lavoro.
Il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
il Sindacato è stata una componente molto importante del nostro ordinamento sociale ed indubbiamente è stato protagonista nelle normative sul lavoro dal dopoguerra in qua, ma forse questa volta si è esagerato un po’ con la riconoscenza.
Innanzitutto la funzione del sindacato si esprime nella trattativa e la Sicurezza non può costituire argomento di trattativa.
Ma c’è anche un’altra riflessione da fare: fare sicurezza con serietà significa entrare nei segreti più interni della produzione e non possiamo credere che un datore di lavoro consenta questo ad un dipendente che non è vincolato giuridicamente alla segretezza. O addirittura a delegati sindacali esterni che non hanno alcun rapporto con l’azienda e tanto meno con vincoli giuridici. E difatti questo non avviene. Eccetto casi che possiamo contare su una sola mano il ruolo effettivo di questa Figura è puramente cartaceo.
Eppure nonostante ciò se nell’azienda è stato eletto o nominato il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza gli Organi Ispettivi manifestano minore severità di verifica perché fidano su quanto riferisce loro colui che deve rappresentare i lavoratori.
L’effetto reale prodotto da questa figura è, purtroppo, ancora una volta, la esclusione dei lavoratori dalla diretta partecipazione alla sicurezza.
Per comprendere meglio il funzionamento della struttura di Prevenzione, che avrebbe voluto evitare che in Azienda venissero commessi reati contro la incolumità dei lavoratori, faccio riferimento ad un altro intervento del Legislatore:
LA LEGGE N. 231/2001
Per chi non la conosce provo a spiegare cosa è la legge 231/2001: dal momento che l’Azienda è un sistema che produce denaro, e dove c’è denaro possono nascere appetiti, il Legislatore ha elaborato un meccanismo per annullare le possibilità di commettere reati nella conduzione delle aziende.
L’anima di questo sistema era costituita dal coinvolgimento dei dipendenti, scelta che ha costituito un indovinato espediente perché la partecipazione responsabile dei dipendenti veniva a limitare le capacità inventive del Datore di Lavoro e garantiva un effettivo rispetto delle norme.
Questo sistema era basato su 4 punti:
– la analisi dei reati che potevano essere commessi nell’esercizio dell’Impresa ( valutari, commerciali, ambientali, sociali, ecc…. );
– la elaborazione di procedure e comportamenti da praticare nel lavoro quotidiano per prevenire il verificarsi di reati;
– affidare ad alcuni collaboratori la gestione di alcuni settori di lavoro attraverso una delega che trasferiva assieme alla mansione anche l’autorità e il budget economico necessario per sanare eventuali carenze;
– Infine veniva richiesta la nomina di un Organo di Controllo che vigilasse sul rispetto della procedura stabilita.
Una organizzazione che avesse operato secondo questi criteri poteva offrire ampie garanzie di rispetto della legalità. La legge 231 aveva quindi posto le basi per un sistema di gestione dell’Impresa che potremmo definire perfetto, se nella vita degli uomini può esistere qualcosa di perfetto, ma senza dubbio efficace per limitare, se non eliminare, i reati che in questo contesto potevano verificarsi soltanto per dolo o errore umano.
IL DLGV 81/2008
Dispiace dirlo ma le procedure istituite in tema di sicurezza sul lavoro rappresentano una brutta copia di questo sistema di gestione.
Anche qui abbiamo:
- la valutazione dei rischi di commettere reato contro la salute dei lavoratori,
- la pianificazione degli interventi per garantire la protezione dai rischi rilevati,
- la delega…. no, anche se la legge la prevederebbe ( art. 16 Dlgv 81/2008) ma il Sindacato non gradisce che i lavoratori assumano responsabilità;
- il tutto coordinato sotto il controllo di un Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione quale organo di controllo.
Se l’analogia appare evidente sono molto diversi i risultati perché la forza dei due sistemi è decisamente impari e non paragonabile.
La corretta applicazione della procedura indicata dalla Legge 231, delegando alcune funzioni gestionali a dipendenti che hanno capacità tecnica e potere per agire, si inserisce direttamente sulla organizzazione del lavoro, costringe tutti gli addetti ad assimilare la cultura della prevenzione mettendo una linea netta tra ciò che si può e ciò che non si può fare. Questo modo di procedere porta i quadri intermedi e Dirigenti che ricevono la delega ad intervenire direttamente e con potere decisionale sullo scorrimento del lavoro, cosa che provoca di conseguenza la diretta attenzione dei lavoratori sui singoli problemi. In questo clima i dipendenti imparano nuovi comportamenti e tutta l’Azienda ne beneficia.
Invece la struttura che si è creata con il Servizio di Prevenzione e Protezione non può mantenere queste aspettative: innanzitutto il Responsabile del Servizio di Prevenzione non ha alcun potere gerarchico per poter intervenire sullo svolgimento del lavoro e, oltre ciò, se è esterno all’azienda non sa neanche quale lavoro venga svolto nelle diverse giornate.
L’eccesso di questa carenza si ha quando si consente che nelle aziende che occupano fino a 30 dipendenti possa essere la stessa persona del Datore di lavoro ad esercitare il ruolo di Responsabile del Servizio di Prevenzione.
Cioè: il Datore di lavoro è colui che fa l’analisi dei rischi, predispone procedure e strumenti che garantiscano prevenzione, e in quanto Responsabile del Servizio di Prevenzione deve controllare se stesso nel rispetto delle risultanze del Documento di Valutazione dei Rischi che lui stesso ha elaborato……..
In nessun settore, Pubblico o Privato, esiste una simile situazione.